Uno sguardo sugli italiani e i suoi politici...

...a 150 anni dall'unità d'Italia.

di Claudio Laiso, (aggiornato il 23/01/2021)

Giorni fa riflettevo sulla situazione politica-economica italiana alla luce dei numerosi scandali che l'hanno interessata e delle difficoltà che continuiamo ad incontrare sul nostro "lungo" cammino verso la ripresa economica.
Mi interrogavo in particolare sull'ipocrisia dilagante soprattutto tra le "alte sfere". Queste chiedono continuamente sacrifici ai cittadini e il rispetto delle leggi, ma poi la maggior parte di loro che esempio da?
Qualcuno mi dovrebbe spiegare come può avere successo la lotta all'illegalità persistente se le leggi per la maggior parte dei cittadini appaiono inadeguate e se si constata che in diversi casi rimangono lettera morta, soprattutto per chi dovrebbe dare l'esempio della loro osservanza?
Ben diversa è la situazione in altre nazioni dove il rispetto dei cittadini e delle istituzioni che li rappresentano costituisce un elemento imprescindibile senza il quale non si può operare pena le dimissioni.
Proviamo a citare alcuni casi:

- 17/02/2012. Il capo di Stato tedesco Christian Wulff si dimette perché al centro di uno scandalo: è accusato di aver ottenuto da un amico un prestito a tasso agevolato (Fonte: Repubblica.it).

- 29/03/2012. Il ministro della Difesa svedese Sten Tolgfors, si dimette dall'incarico a causa dell'inchiesta della radio nazionale che ha parlato ai primi di marzo di un progetto (il cosiddetto "Progetto Simoom") di collaborazione tra l'Agenzia di ricerca per la Difesa della Svezia (FOI) e l'Arabia Saudita per la realizzazione di una fabbrica di armi. Il fatto che un'agenzia pubblica del settore della difesa abbia collaborato con un governo dittatoriale come l'Arabia Saudita ha provocato grande scandalo nel paese (Fonte: IlPost.it).

- 01/03/2011. Il ministro della Difesa tedecso Guttenberg si dimette perché accusato di aver copiato ampie parti della sua tesi di dottorato all'università di Bayreuth (Fonte: SkyTg24).

- Nel 2008 Ehud Olmert Primo Ministro israeliano è al centro di uno scandalo politico nel quale viene indagato per corruzione. "Colpiscono per notevole dignità e senso dello Stato le parole di uno dei suoi ultimi discorsi pronunciati prima delle dimissioni: sono fiero di appartenere a uno Stato in cui un premier può essere investigato come un semplice cittadino. Un premier non può essere al di sopra della legge, ma nemmeno al di sotto. Se devo scegliere fra me, la consapevolezza di essere innocente, e il fatto che restando al mio posto possa mettere in grave imbarazzo il Paese che amo e che ho l'onore di rappresentare, non ho dubbi: mi faccio da parte perché anche il primo ministro deve essere giudicato come gli altri" (Fonte: Wikipedia).

- 16/10/2006. Il ministro della Cultura svedese, Cecilia Stego Chilo rassegna le dimissioni dopo che la stampa svedese ha rivelato che non pagava da 16 anni il canone televisivo e retribuiva in nero la tata dei suoi figli. Qualche giorno prima anche il ministro del Commercio, Maria Borelius, aveva presentato le proprie dimissioni per le stesse ragioni (Fonte: Corriere.it).

E questi sono solo alcuni esempi di cui è possibile documentarsi sul web.

Poi guardo la situazione politica italiana e rimango senza parole, o per meglio dire senza parole decenti ....

Secondo un indagine di Transparency International (Fonte: Trasparency.it) l'Italia si posiziona al 69esimo posto (al pari con la Macedonia e dietro Ruanda, Ghana, Slovacchia e Montenegro) su 182 paesi nella classifica sul livello di corruzione percepito. È uno dei peggiori Paesi dell'Unione Europea in base al Transparency International's Corruption Perceptions Index che misura il grado di percezione della corruzione nel settore pubblico.

Mi chiedo quindi cosa è che hanno gli altri paesi diversamente da noi? Cosa è che è cambiato, se è cambiato, rispetto alla nostra storia passata? Forse niente....

Mi sono ricordato infatti di un supplemento del Sole 24 Ore, Intelligence in Lifestyle del marzo 2011 n. 28 dalla copertina davvero interessante ma altrettanto provocatoria: "150 anni d'evasione - Altro che festa per l'Unità. Dal caso Ruby agli scandali quotidiani, radiografia di un Paese che si riconosce in un solo valore: fregare lo Stato. A partire dal fisco".

Di seguito alcuni stralci dei vari articoli in esso presenti che ci fanno comprendere come a distanza di molti anni le cose poi non sono tanto cambiate.

In primo luogo come si può parlare di unità nazionale se i suoi stessi padri e fautori ne dubitavano e quindi perché scandalizzarsi se all'interno delle nostre istituzioni sono presenti correnti secessioniste?

Leggiamo qualche stralcio dell'articolo: "Furbi fessi e cortigiane" di Walter Mariotti, pag. 74 (supplemento del Sole 24 Ore, Intelligence in Lifestyle, marzo 2011 n. 28).

[...]
Giuseppe Ferrari, filosofo e politico italiano, ne La federazione repubblicana "sosteneva che nessuna riforma statale era possibile prima di una profonda riforma sociale, a partire dal caporalato, la manomorta e le innovazioni agrarie che avrebbero finalmente sfamato il popolo".
Solo risolvendo questi problemi che avevano effetti negativi sulla vita quotidiana degli italiani "questi potevano riconoscersi e decidere se e come lottare assieme. Come spesso accade da noi alla fine passò un'altra linea, quella del geniale quanto cinico Camillo Benso conte di Cavour il cui unico appetito insoddisfatto fu per le donne (questo a scuola non si studia! - N.d.s.). Diversamente da Mazzini e Garibaldi, con cui si seguita ad accostarlo, Cavour non fu mai un generoso patriota né fautore dell'unità come mistica civile. Pragmatico sommo, Cavour era consapevole che le differenze di carattere, storia ed economia delle varie popolazioni italiche erano incolmabili, rendendo l'unità impossibile o al massimo formale. Nei progetti così l'Italia sarebbe sempre rimasta lo strumento politico del Piemonte, che avendola conquistata aveva il diritto di usarla". (Come poi avvenne con le istruzioni finanziarie dell'ex Regno di Napoli e il Banco Partenopeo - n.d.s.).
[...]
Lo stesso Massimo D'Azeglio, anche lui piemontese e cavouriano era "diffidente dell'unità, scettico sullo spostamento della capitale a Roma e del tutto convinto dell'impossibilità di costruire un unico popolo. Se nelle memorie ufficiali scrisse la celebre frase fatta l'Italia bisogna fare gli italiani in una contemporanea memoria familiare chiariva con precisione il concetto: Unirsi ai napoletani è come andare a letto con un lebbroso.
[...]

Allora mi domando: che cosa realmente accomuna gli italiani?
Proseguiamo con la lettura.

"Furbizie? Individualismo? Doppia morale? Evasione fiscale e sfrenatezza sessuale? Nel bene o nel male sono il 'carattere nazionale' dalla fine del Sacro Romano Impero, come racconta Giovanni Boccaccio che finalmente libero dall'idealismo di Dante e dagli psicologismi di Petrarca realizza la prima presa diretta sugli italiani. Un non-popolo di mercanti truffatori e contadini gabbati, mogli sifilitiche e mariti prostatici, religiosi analfabeti e tutti quanti ossessionati dal sesso. Un ritratto che Giuseppe Prezzolini aggiornava sette secoli dopo tratteggiando la fisionomia del fesso: Se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella pubblica istruzione, eccetera; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle tasse il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci; ecc. questi è un fesso. Eccola l'Italia di sempre, un paese diviso tra furbi e fessi in cui però, per la legge degli opposti di cui parlava l'economista Sergio Ricossa i furbi sono dei disonesti che si dichiarano onesti; coloro che si dichiarano onesti raramente lo sono. I fessi di Prezzolini sono onesti che , per pudore o modestia, nascondono o ignorano di esserlo".
[...]
"Farsi furbo e dissimulare sono l'insegnamento principe della pedagogia italiana, la cantilena ripetuta a ogni figlio - e oggi soprattutto figlia (le vicende recenti lo dimostrano - n.d.s.) - perché sappia rovesciare in opportunità le insidie della vita".
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"Bisogna sempre ricordarsi che le volpi vincono su lupi e leoni, diceva Machiavelli. Dunque dire bene di que' che reggono il Comune e degli altri però non dire male, perché un giorno potrebbero conquistarlo e non t'avrebbero per amico. La degenerazione del sistema politico, la piaggeria cronica, i mercimoni a base di soldi e sesso sono cosa antica in Italia se addirittura Poggio Bracciolini uno dei simboli del Rinascimento, scriveva:Gli uomini gravi, prudenti, modesti, non hanno bisogno delle leggi. Respingono e prezzano le leggi, adatte ai deboli, ai mercenari, ai vili, ai miserabili, ai pigri e a coloro che non hanno mezzi. Infatti tutte le imprese egregie e degne di ricordo sono nate dall'ingiustizia e dalla violenza, e insomma dalla violazione delle leggi".
[...]
"Buon compleanno, dunque, all'Italia e agli italiani che "si aspettano sempre qualcosa da tutte le parti meno che da se stessi", come ha scritto lo storico Giovanni Miccoli. Sarà l'imperatore, un re, un papa angelico, un curia rinnovata, un intervento provvidenziale, qualunque cosa insomma che non coinvolga subito e immediatamente scelte e responsabilità personali e collettive".

In fondo già Giacomo Leopardi nel "Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani", del 1824 (ma di grande attualità!), rifletteva sull'incapacità degli italiani a farsi società, popolo, nazione. Egli descrive una situazione del nostro Paese differente rispetto a quella delle altre nazioni europee e caratterizzata da individualismo, cinismo ed indifferenza diffusi.
"Le classi superiori d'Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano il più cinico dei popolacci. Il cinismo degli italiani ha avuto, tuttavia, il merito di aprire loro per primi gli occhi di fronte all'apparir del vero, contro le illusioni e gli inganni della tradizione. Questo vantaggio iniziale, però, si è poi tradotto in un freno verso la formazione di un costume nazionale. Gl'italiani hanno piuttosto usanze ed abitudini che costumi. E queste, che si possono e debbono dire provinciali e municipali, sono seguite piuttosto per sola assuefazione.
Per Leopardi, dunque, gli italiani vivono una profonda contraddizione: da un lato, proprio grazie al loro cinismo, hanno manifestato il loro primato di modernità nell'aver individuato per primi l'infinita vanità del tutto; ma da questa superiorità iniziale è discesa una pesante inferiorità, quale maggiore immoralità".(Fonte: ItaliaLibri.net)

Veniamo ora ad un altro aspetto degli italiani da sempre al centro dell'opinione pubblica straniera: il sesso ovvero "l'amore all'italiana".

"E lo Stato si fece bordello" di Edoardo Montolli, pag. 78 (supplemento del Sole 24 Ore, Intelligence in Lifestyle, marzo 2011 n. 28).

Che contraddizione può esserci tra Bunga Bunga e "un premier il cui governo propugna campagne moralizzatrici come i Family Day e i disegni di legge per punire i clienti delle prostitute e va a braccetto con il Vaticano" ?
[...]
"Il legame tra sesso e politica in Italia non è certamente nuovo".
[...]
Sergio Rizzo e Giannantonio Stella ne La Casta "raccontano le gesta dell'onorevole Matteo Tonengo, uno che voleva entrare gratis al bordello con la tessera da parlamentare. Se il fatto non passò clamorosamente ai posteri perché in quei tempi la prostituzione era materia da morale corrente, diverso è ciò che accadde nel 1953, quando fu trovato sulla spiaggia di Capocotta il corpo di una giovane, Wilma Montesi. Qualche mese dopo una donna raccontò che Wilma era morta forse per overdose nel corso di un'orgia a casa del marchese Ugo Montagna, alla quale aveva partecipato il musicista Piero Piccioni. E cioè il figlio del potente ministro degli Esteri Attilio, destinato a ereditare la guida di De Gasperi alla Dc. Fu il primo clamoroso caso mediatico, coinvolse dodici imputati, tra cui anche il questore di Roma, accusato di voler insabbiare il caso. Ma vide tutti tutti assolti con formula piena. Il caso rimase irrisolto".
[...]
"Passò qualche anno e il ministro dell'Interno Fernando Tambroni scoprì che qualcuno stava indagando sul suo rapporto con l'attrice Sylva Koscina. Era il 1959 e già si parlava di servizi segreti deviati".
[...]
"L'ultimo grande scandalo che mise insieme il binomio sesso e politica fu l'elezione della pornostar Ilona Staller nelle fila dei radicali nel 1987. Quindi Moana Pozzi si presentò alle elezioni con il Partito dell'Amore".

Arriviamo quindi ai giorni nostri.

"Si parte dall'indagine di Vallettopoli avviata dal pm Woodcock, che porta tra gli altri all'arresto dell'ex portavoce di Fini, accusato di concussione sessuale (e poi prosciolto) in cambio di raccomandazioni in Rai. E da allora, gli scandali sono saliti sempre più su, esacerbando gli animi da una parte e dall'altra. Accade quando si scopre che Silvio Sircana, il portavoce del Governo Prodi impegnato a far passare un decreto che colpisca i clienti della prostituzione, è stato fotografato mentre si fermava in macchina di fianco a un transessuale, [...]".
[...]
"La par condicio si fa sentire subito da Cosimo Mele, sopravvissuto a un'inchiesta di tangentopoli e tornato in auge con l'Udc, il partito della famiglia, contro la droga, eccetera, eccetera. Lo pizzicano in un festino a luci rosse in un hotel a via Veneto, perché una prostituta si sente male dopo aver sniffato cocaina. È l'imbarazzante momento della polemica sulla 'solitudine del politico', che più che sorrisi suscita rabbia. [...]. Dopo il caso Mele suscitò polemiche la proposta dell'Udc di istituire una specie di 'indennità parlamentare contro le tentazioni', in modo che i politici, spesso lontano dalla famiglia per lavoro, ottenessero contributi per trasferire i parenti a Roma" (in questo modo vincendo le tentazioni della carne; roba da non crederci! - N.d.s.).

Infine non bisogna dimenticare lo scandalo che coinvolse il difensore dei consumatori, 'Mr. Mi manda Rai3', il governatore del Lazio Piero Marrazzo.

"Fanno 50 euro, più Iva" di Alessandro Scarano, pag. 81 (supplemento del Sole 24 Ore, Intelligence in Lifestyle, marzo 2011 n. 28).

[...]
"Eppure nell'Italia appena unita, per quasi un secolo, il meretricio di stato era una pratica legale e tollerata. Durante la seconda guerra di indipendenza, per regolare gli appetiti sessuali delle truppe francesi nella loro marcia italiana, Cavour introdusse il liberalissimo 'Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione', che fu poi esteso, annessione dopo annessione, plebiscito dopo plebiscito, a tutta la Penisola. E non bisogna dimenticare che all'epica risorgimentale parteciparono più o meno direttamente tante ragazze allegre, dalle modeste inquiline dei bordelli piemontesi e lombardi risalendo le classi sociali fino alla nobilissima 'vulva d'oro del Risorgimento', Virginia Oldoini Contessa di Castiglione, spedita diciottenne a Parigi da suo cugino Cavour con la precisa missione di consolidare tra le lenzuola l'amicizia politica con Napoleone le petit, essenziale in chiave anti-austriaca.
Centocinquanta anni fa, fatta l'Italia, fatti i bordelli, c'era ancora da fare gli italiani. Probabilmente un piemontese faticava a intendersi con un calabrese, ma tutta la penisola partecipava unita al mito eroico ed erotico del Generale Garibaldi, che in un fotomontaggio porno spopolava "dall'Alpe a Sicilia".
[...]
D'altronde "Gli italiani sono fieri di qualcuno come Berlusconi, un uomo di 74 anni che ama il sesso e ha una buona vita sessuale ha dichiarato Rocco Siffredi".

E da quel che si sente in giro (vox populi) l'affermazione del porno attore non sembra priva di fondamento. Il problema però non è tanto l'attività sessuale in se, in quanto rientra nella sfera privata, ma se questa può direttamente o indirettamente influenzare l'attività politica o il prestigio di una nazione. Ma questa è un'altra storia...

Veniamo infine all'evasione fiscale.

"Noi, gli evasivi" di Massimiliano del Barba, pag. 87(supplemento del Sole 24 Ore, Intelligence in Lifestyle, marzo 2011 n. 28).

"Filippo Meda. ministro delle Finanze nei governi Borselli e Orlando durante gli anni duri della Prima guerra mondiale disse:I titolari di redditi fissi sono tassati fino all'ultimo centesimo con aliquote non indifferenti. Mentre, invece, il reddito dei professionisti e degli industriali e commercianti privati sfugge sempre, talvolta in notevole parte e talvolta interamente, al dovere tributario.
Italiani popolo di evasori. O meglio: storicamente popolo di evasori, dato che questa frase ha esattamente 91 anni. Dalla caduta dell'impero romano alla fondazione dell'Italia moderna, il nostro Paese fu occupato da goti, bizantini, arabi, svevi, normanni, austriaci, francesi e spagnoli. In quei tempi, limare le monete come eludere le tasse avrebbe rappresentato una sorta di resistenza sociale. L'abitudine di gabbare il fisco sarebbe quindi, prendendo a prestito il titolo di un romanzo di Philip Roth, il portato di una sorta di 'macchia umana'. Un'impronta caratterizzante che viene da lontano, se è vero che, come ricorda Alessandro Santoro (docente di Scienza delle finanze e Politica economica) in 'L'evasione fiscale, quanto come e perché', i Romani seppellivano i gioielli per evitare la tassa sul lusso e che, a tutt'oggi, i Paesi mediterranei sono tra quelli con i tassi di evasione e di economia sommersa più elevati nel mondo occidentale".
[...]
"Mentre Garibaldi era in mare coi mille verso Marsala, tasse, imposte e gabelle rispecchiavano la geografia dell'Italia preunitaria: estremamente frammentata. [...].
"Nel regno di Sardegna, che grazie a Cavour poteva contare su un sistema fiscale moderno, il tasso di evasione era assai modesto. Più elevato nel Lombardo-Veneto, anche se la buona amministrazione dell'occupante austriaco contribuiva a disincentivare i comportamenti elusivi. Diverso, invece, il caso del Sud, dove sia nello Stato della Chiesa che nel Regno delle due Sicilie non esisteva una coscienza fiscale, le ricchezze mobiliari non erano tassate e i possedimenti terrieri erano censiti da un catasto di tipo descrittivo, il che lasciava mano libera alle autocertificazioni fraudolente".
[...]
"Due storie diverse, nell'Italia a due velocità di metà Ottocento, scandite da differenti livelli di fedeltà tributaria. L'evasione fiscale - prosegue Marongiu - può rappresentare un parametro del grado di consenso di un popolo al regime che lo governa".
[...] "con la Seconda rivoluzione industriale evasione ed elusione fanno un balzo in avanti, attestandosi attorno al 15-18 per cento della ricchezza mobiliare circolante.
Sono questi gli anni che vedono la nascita di un binomio destinato a durare per oltre un secolo, quello fra padrone e 'ragiunàtt', ottimo consigliere, quest'ultimo, capace di mantenersi in equilibrio sul sottilissimo filo del lecito risparmio tributario".
[...]
"La svolta è impressa dal clima di grande eccitazione provocato dal conflitto: gli scambi finanziari si intensificano, le maglie dei controlli fiscali si allentano e comincia a farsi evidente il divario fra la fedeltà fiscale imposta ai lavoratori dipendenti e la relativa libertà lasciata ai professionisti e agli imprenditori coinvolti nella Mobilitazione industriale. Illuminante un passaggio del libro di Alberto Cova, 'Economia, lavoro e istituzioni nell'Italia del Novecento', nel quale si cita una valutazione di Alberto Pavoni, allora - siamo nel 1916 - direttore del periodico Cronache Commerciali. Su circa 220 milioni di gettito, ben 87 erano stati pagati da contribuenti con basso livello di reddito. L'evasione interessa il 40 per cento dei medici, il 58 degli avvocati, il 20 dei notai, il 50 degli ingegneri e il 73 dei geometri.
Presa la china, diventa difficile per il Paese invertire la rotta. Durante il ventennio fascista, l'evasione dei tributi raggiunge addirittura il 49 per cento del totale del reddito nazionale".
[...]
"Già alla fine degli anni Trenta - spiega Roberto Ippolito, autore di Evasori, chi come e quando - emergeva in Italia il problema dei troppi contribuenti che girano le spalle di fronte alle tasse. Anche Ippolito sottolinea la vicinanza fra onestà fiscale e capacità del potere politico di creare consenso e inclusione. Cita Cesare Cosciani, uno dei maggiori studiosi di scienza delle finanze dell'epoca, che nel 1950 scriveva: Tutto ciò che appartiene alla collettività, allo Stato, non è considerato come cosa di patrimonio comune, bensì di nessuno. Il fenomeno dell'evasione fiscale guardato da questo punto di vista non è che un aspetto di una certa insofferenza verso ogni ordine statale. E la riforma tributaria firmata nel 1951 dal ministro Ezio Vanoni non fa che rallentare l'esplosione di una pratica destinata a rimanere come sigillo distintivo dell'italianità in Europa. Una pratica puntualmente condannata dalla classe politica al potere, ma mai seriamente combattuta, come dimostra il reiterarsi - simile a un mantra - di annunci e promesse di impegno".

Da Alcide De Gasperi, ad Amintore Fanfani, a Giulio Andreotti, ad Aldo Moro fino a Prodi e Berlusconi passando per Giovanni Spadolini e Bettino Craxi.

[...]
"Fra Prima e Seconda repubblica, sessant'anni di parole inutilmente spese contro l'abitudine tutta italiana di limare la moneta coniata da un potere politico percepito come barbaro, dunque straniero agli interessi del singolo. Per dirla con Adam Smith: In quegli Stati in cui esiste un generale sospetto che molte delle spese pubbliche vengano utilizzate male, le leggi che le proteggono vengono poco rispettate".

Commento di max
del 02/10/2012
Bel post in cui si è ripercorsa la storia d'Italia se possiamo definirla così. Ma dopo tutte queste considerazioni, io mi domando, ma gli italiani quelli che hanno "ancora" una dignità dove sono? Possibile che dopo tutti questi abrusi, soprusi, umiliazioni, ancora il popolo, il cui art. 1 della costituzione ne riconosce la sovranità non fà un cazzo (passatemi il termine)? Siamo denigrati da tutta l'Europa, siamo paragonati al terzo mondo, abbiamo una corruzione che fa paura e il popolo che fa? Nulla continua a vedersi le partite la domenica, continua a lamentarsi ma a non far nulla, siamo veramente una massa di pecoroni e a questo punto devo dire che ci meritiamo tutto questo.