Ma a 150 anni dall'unità d'Italia gli italiani sono davvero cambiati?

Riflessioni su un secolo e mezzo di "evoluzione"

di Claudio Laiso, (aggiornato il 23/01/2021)

Le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia si sono ormai concluse. Vista la situazione politica (e non solo) italiana, mi sono permesso di riportare una piccolissima parte dell'opera "I miei ricordi" di Massimo D'Azeglio*, lasciando ad ognuno le proprie riflessioni in merito.

L'Italia da circa mezzo secolo s'agita, si travaglia per divenire un sol popolo e farsi nazione. Ha riacquistato il suo territorio in gran parte. La lotta collo straniero è portata a buon porto, ma non è questa la difficoltà maggiore. La maggiore, la vera, quella che mantiene tutto incerto, tutto in forse, è la lotta interna. I più pericolosi nemici d'Italia non sono gli Austriaci, sono gl'Italiani. E perché? Per la ragione che gli Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico il loro retaggio; perché pensano di riformare l'Italia, e nessuno s'accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro, perché l'Italia, come tutti i popoli, non potrà divenire nazione, non potrà essere ordinata, ben amministrata, forte così con lo straniero, come contro i settari dell'interno, libera e di propria ragione, finché grandi e piccoli e mezzani, ognuno nella sua sfera non faccia il suo dovere, e non lo faccia bene, od almeno il meglio che può. Ma a fare il proprio dovere, il più delle volte fastidioso, volgare, ignorato, ci vuol forza di volontà e persuasione che il dovere si deve adempiere non perché diverte o frutta, ma perché è dovere; e questa forza di volontà, questa persuasione, è quella preziosa dote che con un solo vocabolo si chiama carattere, onde, per dirla in una parola sola, il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gli Italiani.

*Tratto da Massimo Taparelli D'Azeglio, I miei ricordi, Letteratura italiana Einaudi, pagg. 4 e 5, in download: t207.pdf su LetteraturaItaliana.net